Ciunga ciun ciunga ciunga ciun ciunga ciun
la la la la la la la la la
ciun ciunga ciun ciunga.
Stavo andando a cento all’ora
per trovar la bimba mia, che non c’era,
ma il motore si è bruciato
nel bel mezzo della via.
“Hai messo l’antigelo,
col freddo che fa? L’hai messo colà?” Sì.
Hai visto se il livello
è fra min e max?” Sì.
Ma il mio vano motore
è troppo vano e poco motore;
lo illuminerò – “Sei forte Papalli” –
con una candela di cera – “Va bene” – che non c’era.
Decidetti perciò
di inoltrarmi in mezzo al bosco, ma non c’era
un sentiero già battuto
e la nebbia già saliva.
A un tratto vidi due corpi stesi
che mi sembravano inanimati, ma che morti non eran.
Erano l’inglese e il francese delle barzellette.
Fu allora che scivolai su qualcosa
che mi sembrava un pezzo di merda ma che merda non era.
Era una fetta di pane sulla quale
era stato spalmato un formaggino.
Sdraiato sopra il prato
mi domandai dove fossi capitato,
e allora mi risposi così:
sono capitato sopra un prato
dove mi son domandato:
“Dove sono capitato?”
Ecco la risposta al mio quesito:
sono capitato sopra un prato
dove sono scivolato.
Aiuto. Mi sono bloccato.
Sono in un circolo vizioso.
Sono socio. So ciò:
ero nel mondo delle barzellette
e stavo assistendo al finale della barzelletta
del Fantasma Formaggino, dove l’italiano vince
mentre l’inglese e il francese perdono.
Al risveglio di costoro
chiesi dove fosse l’italiano, che non c’era;
mi risposero...
quando avrò voglia io mi risposerò però adesso no,
mi tengo la moglio che ho, la moglie che ho.
Fine della prima parte,
inizio della seconda parte.
In effetti l’italiano
era andato dentro un’altra barzelletta,
quella dove un orologio vien gettato da una torre
e si fa a gara a chi lo prende
prima ch’esso tocchi terra spaccandosi.
E allora l’italiano te lo porta un’ora indietro,
poi raggiunge il marciapiede sottostante in largo anticipo,
raccoglie al volo l’orologio ed in sostanza
vince, vince, sì, l’italiano vince,
e con lui vince l’Italia intera.
E se uno svizzero ti dice:
“Italiano pizza spaghetti mandolino
mamma, mamma lo sai chi c’è? È arrivato il merendero”,
tu non arrossire e non abbassare il capo, ma digli:
“Primo, tu non prendi parte neanche a una barzelletta.
Due, treno dell’amore portami con te,
qua trovi la gioia, cinque inate il fiume, sei.”
Questo era un’esempio dell’arguzia
che ci permette di spopolare nelle barzellette.
Non è soltanto l’amor che regna
nella nostra splendida terra, ma torniamo nel bosco.
I due uomini nel bosco
nel frattempo avevan deciso che era giunta
l’ora della riscossa nei
confronti dell’italiano.
Mi fecero così travestire da Fantasma Formaggino
per trarre in inganno l’italiano – “’A pizza!”:
quest’ultimo credette di trovarsi a tu per tu
con il fantasma del Fantasma Formaggino.
A quel punto pronunciai le fatidiche parole:
“Sono il Fantasma Formaggino io”.
“Impossibile” - disse lui - “ti ho appena spalmato.”
Evidentemente no - dissi io - se no non sarei qui.
“Be’, io ti spalmerò ancora,
e già pregusto il tuo sapore sul panino.”
No, no, non ci riuscirai. “Pecché?”
Perché del coltello buon uso non fai.
Per mano di inglese stavolta cadrai,
per man di francese scherzato verrai.
Permani pure della tua opinione,
ma su quel panino non mi spalmerai.
“Giammai, giammai, non lo spalmerai.
Su questo panino non lo spalmerai.
Giammai, giammai, non lo spalmerai.”
Su questo panino non mi spalme, mi spalme,
miss Palme.
“I te vurrìa vasà.”
E l’italiano cantava, cantava,
e alla fine le disperate invocazioni
giunsero alle orecchie del suo divino protettore,
il dio della barzelletta, che disse:
“Tu hai osato modificare il finale
della barzelletta del Fantasma Formaggino,
ed io, che di mestiere faccio il Dio,
non posso assolutamente soprassedere
a questo vizio di forma.”
Gino Bramieri è molto più indulgente.
Ti prego, sii accondiscendente
e concedimi l’amnistia.
“L’amnistia? Eh, no! Tu morirai della stessa morte
che toccò al tuo predecessore, cioè il Formaggino, diciamo.
E fra le risate a profusione
verrai spalmato su quel panone
con un coltellino.
Tè, beccati questo. Pr.”
E questa è la descrizione,
la descrizione della mia morte.